Ripensare le Città Senza Perderne l’Anima
Esiste l’over-tourism? Qual è il problema e cosa fare? Uno dei temi che impatta maggiormente l’opinione pubblica, la nostra società e le nostre città, ma anche uno dei temi iper-citati insieme alla Gentrification e Diseneyfication sembra essere l’Overtourism!
L’Overtourism non è il problema!
Lo dico subito: l’overtourism non è il vero problema, ma la conseguenza di una mancanza di previsioni gestionali adeguate o di una gestione inefficace, che genera un effetto domino di criticità.
Il vero nodo è l’assenza di dinamicità, la mancanza di strumenti infrastrutturali, sia fisici che digitali, e soprattutto l’incapacità di pianificare soluzioni, prodotti e servizi di base per l’accoglienza.
Si fa presto a parlare di Smart Cities e Città Intelligenti, ma la realtà è che nel nostro sistema pubblico mancano startup pubbliche o logiche di gestione innovative, capaci di intercettare le nuove esigenze delle città e del turismo.
La questione non è solo tecnologica, ma economica e strategica. Non basta affidarsi ai soliti fornitori IT pubblici: servono nuovi modelli di sviluppo, capaci di generare opportunità reali e costruire nuove filiere di crescita.
L’overbooking delle città non si risolve chiudendo le porte ai visitatori, ma creando un sistema in grado di anticipare il cambiamento e trasformarlo in valore.
Overtourism, gentrification e disneyfication, ma ciò che viene percepito come una minaccia può trasformarsi in un’opportunità. Se interpretate e guidate nel modo giusto, le nuove esigenze possono generare nuovi modelli di fruizione, valorizzando le attrazioni dei luoghi in maniera innovativa e sostenibile.
Disneyfication delle città? Facciamo un esercizio di immaginazione: vi siete mai chiesti se un parco Disney si lamenterebbe di avere troppi visitatori e troppe persone pronte a spendere al suo interno? Le città sono fatte dalle persone. Certo c’è il rischio di una desertificazione delle realtà creative e produttive che la caratterizzano, ma quali strumenti vengono offerti loro per la propria evoluzione?
Ogni fenomeno, se gestito, anzi subito, in modo passivo invece che proattivo, può generare disagi. Questo dimostra che la spinta dal basso – fatta di interessi e bisogni reali – ha spesso più forza della capacità manageriale imposta dall’alto.
Basti pensare all’innovazione e alla digitalizzazione: quando creano vantaggi e convenienze dirette, generano fenomeni dirompenti (disruption), spesso anticipando o addirittura forzando il cambiamento. Ecco perché ripensare la vita pubblica non può essere solo un compito degli amministratori locali, ma deve nascere da una visione più ampia, in grado di intercettare le nuove dinamiche urbane e trasformarle in opportunità.
Tematica diversa è invece l’approccio necessario al concetto di gentrification, strettamente connesso al contesto generale, ma che rappresenta l’altra faccia della medaglia. Si può impedire chi ha investito i propri risparmi onesti e vuole trarne i vantaggi con un’offerta, rispettando le regole se ne privi?
Domande aperte:
Quali nuovi programmi di sviluppo economico esistono per le città? Come possono favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e generare nuove economie?
Quali piani di sviluppo urbanistico sono previsti per il ridisegno delle città? In che modo possono creare nuovi spazi abitativi, sia urbani che periferici, garantendo qualità nei servizi e nei trasporti?
Senza arrivare al modello delle “Città dei 15 Minuti” di Carlos Moreno (Un sistema in cui ogni cittadino può accedere a tutto ciò di cui ha bisogno – lavoro, servizi, tempo libero – entro 15 minuti a piedi o in bicicletta)
Trasformare l’economia in economia sostenibile?
Uno degli aspetti fondamentali della crescita urbana è la capacità di canalizzare gli interessi, le energie e le economie che emergono dall’attrattività di un luogo. Eppure, l’assenza di progetti strutturati a livello cittadino, regionale e nazionale dimostra una carenza nella pianificazione di nuove economie, servizi e opportunità occupazionali. Si tende a favorire l’esistente, trascurando l’opportunità di stimolare modelli di sviluppo alternativi.
Eppure esistono modelli socio economici per tenere sotto controllo valori importanti come la crescita e la sostenibilità, come l’impronta ecologica del prof. Wakernaghel, oppure il BES (Benessere Equo e Sostenibile) del il prof. Giovannini [vedi note a fine post]

Un esempio evidente di questi fenomeni è Napoli, una città che negli ultimi anni ha vissuto un’esplosione di popolarità. [leggi anche Il Miracolo Economico dei Quartieri Spagnoli]. Qui non arrivano solo turisti, ma sempre più persone che vogliono vivere la città da napoletani. Questa trasformazione ha ridefinito l’uso degli spazi: molte abitazioni sono state convertite in B&B, in parte per la scarsa offerta alberghiera, ma soprattutto per la mancanza di un modello di sviluppo in grado di diversificare le esperienze di accoglienza.
Il risultato? Carenza di soluzioni abitative per residenti e studenti, trasformazione dell’offerta abitativa e una nuova economia che ha saputo intercettare e accogliere nuovi interessi e opportunità. Questa dinamica ha coinvolto anche chi, in passato, si trovava ai margini del mercato del lavoro: un fenomeno che ha reso la città più aperta, più accogliente, più inclusiva.

Io osservo spesso il grattacielo NH Hotel Panorama nel centro storico di Napoli, spesso percepito come un elemento fuori contesto. Io, invece, lo vedo come un promemoria di ciò che Napoli poteva essere e di ciò che potrebbe ancora diventare, una città verticale, dinamica, proiettata al futuro, magari come una Manhattan mediterranea.
Cosa ci manca per esserlo? Qual è la via Mediterranea e mediana tra il Futuro e la Storia? Porre dei limiti o ripensare gli spazi?
Napoli, la città che accoglie e si trasforma
Oggi Napoli permette a chiunque di sentirsi parte del suo tessuto cittadino, anche solo per poche ore o qualche giorno. Basta passeggiare per il centro per vedere visitatori che si immergono nell’identità della città, acquistando magliette di Maradona – che ormai sopravvivono solo nelle reinterpretazioni delle bancarelle, non esistendo più le storiche originali – e vivendo lo street food come un’esperienza autentica. Napoli diventa così la città di tutti, senza distinzioni.
Napoli, come ogni grande città viva e attrattiva, non deve scegliere tra identità e trasformazione. Deve solo imparare a governare il cambiamento.
Ma il problema resta la gestione strategica della crescita. Napoli ha enormi potenzialità non ancora catalizzate: spazi inutilizzati, immobili che potrebbero essere riqualificati, aree pronte per investimenti internazionali nel settore dell’accoglienza. Eppure, tarda un coordinamento che sappia mettere a sistema innovazione urbana e nuove economie, senza trasformare la città in una vetrina commerciale priva di identità.
Napoli non appartiene solo ai napoletani, ma al mondo.
La vera sfida è ripensare Napoli come un luogo che evolve con i suoi cittadini, siano essi residenti storici o napoletani temporanei. Perché un’anima urbana non si conserva, si trasforma nel tempo.
Note
1. Impronta Ecologica – Concetto sviluppato dal prof. Mathis Wackernagel per misurare il consumo di risorse naturali rispetto alla capacità rigenerativa del pianeta.
• Indicatori chiave:
• Consumo di suolo e risorse naturali
• Emissioni di CO₂ e inquinamento atmosferico
• Produzione di rifiuti e capacità di smaltimento
• Se l’Impronta Ecologica supera la biocapacità terrestre, si genera un deficit ecologico, portando al concetto di Overshoot Day, ovvero il giorno dell’anno in cui la domanda di risorse supera quelle rinnovabili.
2. BES – Benessere Equo e Sostenibile – Strumento introdotto dal prof. Enrico Giovannini per integrare misure di benessere sociale e ambientale nel processo decisionale, andando oltre il PIL come unico indicatore di sviluppo.
• Indicatori chiave:
• Salute e benessere delle persone
• Istruzione e cultura
• Equità sociale e opportunità di crescita
• Qualità dell’ambiente e dell’aria
• L’obiettivo del BES è fornire una misurazione più ampia del progresso, valutando non solo la crescita economica, ma anche la qualità della vita e la sostenibilità sociale e ambientale.