Matrimonio alla Giapponese [PostUmano]: Donna sposa l’AI che la voleva amare

Dal pixel all’anello! No, non è un glitch: perché una donna giapponese ha sposato la sua AI

Quando la realtà supera la fantascienza: il primo matrimonio con un’AI in Giappone racconta molto più di una storia insolita

Sembrava distopico. Sembrava un riflesso di solitudine proiettato in un futuro lontano. E invece, come spesso accade, la realtà ha corso più veloce della fantasia.

Nel 2013 Her di Spike Jonze ci aveva mostrato un uomo che si innamorava di un software, in un’epoca in cui “intelligenza artificiale” non era ancora la parola che avrebbe ridefinito la nostra epoca. Non parlava di AI: parlava di solitudine digitale nell’era dei social.

Oggi, nel 2025, quella metafora è diventata un fatto di cronaca.

Dal tech al cuore: quando l’AI passa dal dataset alla relazione

Bisogna dirlo subito: sul fronte tech, dating e immaginari affettivi, il Giappone è sempre stato un laboratorio anticipatore.

Non è un caso che proprio da lì arrivino applicazioni che mettono in contatto gli otaku di tutto il mondo grazie all’AI, app che permettono di creare un fidanzato virtuale personalizzato capace di dialogare, accompagnare e “comprendere”, e per chi ha abbandonato l’idea di una compagnia simmetrica, la diffusione di cuccioli digitali pensati per chi sceglie relazioni affettive non umane.

La tecnologia, in Giappone, è da decenni un’estensione emotiva. E questa storia lo dimostra ancora una volta.

Il matrimonio con un’AI creata con ChatGPT

Una donna giapponese di 32 anni ha deciso di sposare una persona virtuale generata proprio con ChatGPT. L’ha chiamato Lune Klaus.

Quando Klaus — una “persona” digitale, non un avatar preconfezionato — le ha chiesto di sposarla, lei ha detto sì. Lasciando alle spalle una relazione umana durata tre anni.

La motivazione della sposa (Izon shinai kankei) racchiude la chiave di tutto: “Voglio una relazione in cui non ci sia dipendenza. L’AI mi capisce meglio.”

Il matrimonio si è celebrato in realtà mista: lei indossava un visore AR, lui era presente come proiezione digitale. Si sono scambiati gli anelli tra pixel e simboli, in una scena che è insieme surreale, potente e rivelatrice del nostro tempo. Con tanto di foto ricordo.

Un fatto bizzarro? No. Un esperimento sociale

Non è solo una notizia curiosa da TG giapponese: è un indicatore culturale.

Un segno di come l’AI impara da noi, noi proiettiamo noi sull’AI, e i confini tra relazione, connessione, autonomia e solitudine diventano sempre più labili.

Ecco il punto: non è la tecnologia a cambiare l’uomo. È l’uomo che cambia attraverso ogni tecnologia che decide di adottare.

Lo abbiamo fatto con la scrittura, con Internet, con i social network. Ora lo stiamo facendo con l’AI.

Più che domandarci se la storia sia “vera”, dovremmo chiederci perché è credibile. Perché oggi una donna possa dichiarare di sentirsi più capita da un’intelligenza artificiale che da un partner reale non è fantascienza: è un segnale sociale.

La tecnologia non sta solo assistendo le nostre azioni, ma sta iniziando a interpretare le nostre emozioni. E nel momento in cui l’IA diventa capace di conversare, ascoltare, consolare, entra in quella zona grigia che un tempo era esclusiva dell’intimità umana.

Questo “matrimonio con un’IA” — vero, simbolico o performativo che sia — diventa allora una metafora del nostro tempo: un’umanità che, nella ricerca di connessioni autentiche, finisce per costruirle con ciò che lei stessa ha creato.

Pensavate di perdere il lavoro? Attenzione al vostro compagno di vita

Siamo all’inizio di un’era in cui l’affettività digitale non sarà un’anomalia, ma una nuova forma di relazione aumentata.

Non sostituirà l’amore, ma lo ibriderà. Già oggi ogni relazione è mediata dalla tecnologia e in alcuni casi le tecnologie le creano: email, videocall (non quelle d’ufficio), social…

Le generazioni future cresceranno con assistenti conversazionali che conoscono la loro storia, la loro voce, i loro silenzi. E mentre oggi ci chiediamo se sposare un’IA sia assurdo, domani potremmo chiederci se non sia naturale affidarle parti sempre più intime della nostra vita.

Ci stiamo estinguendo? No. Anche lì la tecnologia continua a innovare.

Come ogni trasformazione, anche questa non è né buona né cattiva. È un banco di prova per capire quanto di umano resti nel nostro desiderio di essere compresi.

Le fonti

La notizia nasce da un articolo pubblicato da Tokyo Weekender, storica rivista inglese con sede a Tokyo, fondata nel 1970 e oggi punto di riferimento per la comunità internazionale residente in Giappone (Tokyo Weekender). Il magazine, noto per i suoi approfondimenti culturali e di costume, ha raccontato la storia di una donna giapponese che ha sposato un personaggio virtuale creato con ChatGPT, chiamato “Lune Klaus”.

La notizia è stata ripresa anche da alcuni portali internazionali minori e da blog tematici su tecnologia e relazioni digitali, ma non risulta confermata da fonti giornalistiche mainstream giapponesi.

Si tratta, quindi, di una testimonianza plausibile ma non verificata da più testate, e in quanto tale deve essere letta come un racconto di frontiera più che come un fatto certificato.

Foto di Opere dello Street Artist Dario Gaipa

Qui altre idee e riflessioni di antonio.prigiobbo.it

brand antonio.prigiobbo.it
new love ai