L’Economia delle Piattaforme – Il caso Pavel Durov e Telegram

[English version follows]

Ogni epoca ha il suo segno distintivo. Se è vera questa affermazione non faremo fatica a riconoscere che è il digitale, il segno distintivo della nostra epoca.

 Il mondo reale ha le sue leggi, mentre il digitale sembra sfuggire a queste, come per i videogiochi che hanno regole e leggi fisiche proprie.

 I social network, più grandi delle nazioni per dimensioni, sono in realtà imprese di proprietà private, soggette a pressioni politiche e legali (e spesso neppure tanto per le tassazioni).

Ogni tanto si scopre, spesso sotto pressioni della politica, delle istituzioni o dei servizi segreti, che quei comportamenti “digitali” dovrebbero rispondere a delle leggi. 

Ma di quale Stato (o Religione)? America, Cina, Russia, Nord Corea o Europa?

Chi si ricorda di Kim Dotcom? Kim Schmitz, l’hacker e imprenditore tedesco fondatore di MegaUpload, su cui pende ancora un mandato di estradizione internazionale verso gli Stati Uniti e residente in Nuova Zelanda.

Purtroppo è più facile ricordare Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, che per aver creato una piattaforma e dato l’accesso a documenti segreti, il quale ha recentemente raggiunto un accordo con il governo degli Stati Uniti, accettando di dichiararsi colpevole, dopo esser stato per anni al centro di una disputa internazionale tra Russia e Stati Uniti.

Pavel Durov, fondatore di Telegram,insieme a suo fratello, è solo l’ultimo tra i creatori di piattaforme colpiti per la loro Libertà Digitale.

Colpire le piattaforme deresponsabilizza i Governi

Il produttore di un servizio è corresponsabile dall’uso che ne viene fatto? Questa è la domanda che corre sul web a seguito dell’arresto di Durov, con accuse tra cui tra cui “complicità nel possesso, distribuzione, offerta o messa a disposizione di immagini pornografiche di minori, in un gruppo organizzato”. 

C’è un primo nodo della questione che riguarda la responsabilizzazione delle forze dell’ordine che dovrebbero loro condurre indagini e avere la conoscenza e la tecnologia necessaria per farlo, dotandosi di team specializzati nell’hacking. Non si può lasciare questo monopolio investigativo solo nelle mani delle forze militari. Accusare le piattaforme sembra  più un atto di resa delle istituzioni che una prova di forza. Quando la stessa piattaforma se segnalano contenuti e gruppi, blocca la diffusione dei canali.

Cosa accade se è evidente che queste restrizioni valgano solo per Telegram, una piattaforma che per volontà del suo fondatore è costruita proprio sui principi di indipendenza e anticonformismo. Per equità, lo stesso trattamento andrebbe riservato anche a Meta (Facebook, Whatsapp e Instagram) come a X e alle altre piattaforme. Non è che queste ultime non sono colpite perché hanno accordi con i Governi? 

Zuckerberg ha ammesso candidamente che in tempi di Covid ha censurato alcuni contenuti su richiesta della Casa Bianca. 

Non è giusto che i governi abbiano accesso alle informazioni private contenute nelle conversazioni tra utenti in nome della legge, senza una buona motivazione. 

Il tema è spinoso perché ne richiama, per logica, tanti altri

Il caso ci pone dunque domande sulla libertà: chi vende armi è corresponsabile delle morti causate? La libertà di espressione include anche la possibilità di condividere contenuti illegali, come violenza e pedopornografia, o di facilitare traffici illegali, come droga e tratta di esseri umani?


Chi è Pavel Durov: la storia a punti del fondatore di Telegram

  • Pavel Durov è nato a Leningrado, ora San Pietroburgo.
  • Ha trascorso parte della sua infanzia e adolescenza a Torino, dove suo padre, Valery Semenovich Durov, insegnava filologia all’università. 
  • Ritornato in Russia per seguire la carriera accademica del padre, ha completato gli studi e, insieme al fratello Nikolaj, esperto sia di matematica che di informatica, ha fondato VKontakte (VK). 

La piattaforma è diventata rapidamente la risposta russa a Facebook, simbolo della “rivoluzione social americo-californiana”.Il successo di VK ha attirato l’attenzione delle autorità russe su Pavel e Nikolai Durov, portando il primo a scontrarsi con il potere politico. 

Nel 2014  si è rifiutato di bloccare la pagina di Aleksej Naval’nyj, principale oppositore politico di Vladimir Putin, deceduto in carcere il 16 febbraio 2024. Inoltre, ha resistito alle pressioni governative per consegnare i dati degli utenti coinvolti nelle proteste contro l’annessione della Crimea, decisione che lo ha costretto prima a bloccare VK e poi a lasciare la gestione del social network. La piattaforma è stata successivamente acquisita da gruppi vicini al governo russo ed è attualmente gestita da oligarchi del gruppo Gazprom-Media.

Dopo aver abbandonato la Russia, si è trasferito con la famiglia in diversi paesi, stabilendosi infine negli Emirati Arabi Uniti, dove ha dato vita al suo nuovo progetto: Telegram. Ha giustificato la sua fuga dalla Russia con il desiderio di rimanere libero e indipendente, senza dover sottostare a ordini politici. Da questa filosofia e dai suoi ideali di totale libertà di espressione, sono nati i principi fondanti di Telegram.Grazie alla notorietà acquisita da VK, Telegram ha riscosso un immediato successo sia in Russia che a livello internazionale, diventando un punto di riferimento soprattutto in quei paesi dove l’informazione non è libera o è manipolata dai regimi. 

Telegram è utilizzata da chi necessita di un canale indipendente, come anche da gruppi che non vogliono essere monitorati. Per queste caratteristiche, la piattaforma è stata adottata da vari gruppi che cercano un alto livello di riservatezza nelle comunicazioni, con conseguente assenza di controlli legali.  Diventa così  lo spazio “alternativo” per eccellenza, ideale per comunicazioni senza controlli. Tuttavia, proprio per queste sue peculiarità, è stata adottata anche da hacker, criminali, gruppi terroristici e narcotrafficanti.

Durov viene  arrestato a Parigi, dove è atterrato con il suo jet privato, consapevole di essere ricercato con l’accusa di essere “in parte” responsabile dei crimini commessi su Telegram, proprio per non aver mai concesso backdoor o sistemi di accesso e controllo alla piattaforma da parte di polizia e governi. Le accuse mosse dai magistrati francesi, che hanno portato al suo fermo di 76 ore, riguardano la creazione di un sistema di comunicazione privo di moderazione sui contenuti e la mancata cooperazione con le forze dell’ordine. Un altro punto critico è l’introduzione del numero di telefono virtuale, utilizzabile su Telegram da utenti non rintracciabili. Per la giustizia francese (e non solo), Telegram e il suo creatore sono quindi complici dei reati commessi attraverso la piattaforma.


The Platform Economy

The case of Durov and Telegram

Each era has its defining mark, and for ours, it’s the digital world. The real world has laws, but the digital realm seems to escape these, similar to video games with their own rules. Social networks, larger than nations, are private enterprises subject to political and legal pressures.

Occasionally, under the influence of politics, institutions, or intelligence agencies, it becomes apparent that “digital” behaviors should comply with laws. But which state’s laws? America, China, Russia, North Korea, or Europe?

Who remembers Kim Dotcom? Kim Schmitz, the German hacker and entrepreneur behind MegaUpload, still faces an international extradition warrant to the United States and resides in New Zealand.

Unfortunately, Julian Assange, the founder of WikiLeaks, is more commonly remembered for creating a platform that provided access to secret documents. He recently reached an agreement with the United States government, accepting to plead guilty after years at the center of an international dispute between Russia and the United States.

Pavel Durov, founder of Telegram, along with his brother, is just the latest among platform creators targeted for their Digital Freedom.

Targeting platforms absolves Governments

Is the producer of a service co-responsible for how it is used? This question is circulating online following Durov’s arrest, with accusations including “complicity in possession, distribution, offering, or making available child pornographic images in an organized group.”

The first issue concerns the responsibility of law enforcement, which should conduct investigations and have the necessary knowledge and technology, equipping themselves with specialized hacking teams. We can’t leave this investigative monopoly solely in the hands of military forces. Accusing platforms seems more like a sign of institutional surrender than a show of strength. When the same platform flags content and groups, it blocks the spread of channels.

What happens if it’s evident that these restrictions apply only to Telegram, a platform built on principles of independence and nonconformity by its founder? For fairness, the same treatment should be applied to Meta (Facebook, WhatsApp, and Instagram) as well as to X and other platforms. Could it be that the latter aren’t targeted because they have agreements with Governments?

Zuckerberg candidly admitted that during COVID-19, he censored certain content at the White House’s request. It’s not fair for governments to have access to private information contained in user conversations under the law without a valid reason.

The topic is thorny as it logically leads to many others

The case raises questions about freedom: is the seller of weapons co-responsible for the deaths caused? Does freedom of expression also include the possibility of sharing illegal content, such as violence and child pornography, or facilitating illegal activities, like drug trafficking and human trafficking?


Who is Pavel Durov: The Story of Telegram’s Founder in Points

Pavel Durov was born in Leningrad, now St. Petersburg. He spent part of his childhood and adolescence in Turin, where his father, Valery Semenovich Durov, taught philology at the university. Returning to Russia to follow his father’s academic career, he completed his studies and, together with his brother Nikolai, an expert in both mathematics and computer science, founded VKontakte (VK). The platform quickly became Russia’s answer to Facebook, symbolizing the “Americo-Californian social revolution.” VK’s success drew the attention of Russian authorities to Pavel and Nikolai Durov, leading to Pavel’s clash with political power.

In 2014, he refused to block Aleksei Naval’nyi’s page, the main political opponent of Vladimir Putin, who died in prison on February 16, 2024. Additionally, he resisted government pressure to hand over user data involved in protests against the annexation of Crimea, a decision that forced him to first block VK and then leave the management of the social network. The platform was later acquired by groups close to the Russian government and is currently managed by oligarchs from the Gazprom-Media group.

After leaving Russia, he moved with his family to various countries, eventually settling in the United Arab Emirates, where he launched his new project: Telegram. He justified his departure from Russia with the desire to remain free and independent, without being subject to political orders. From this philosophy and his ideals of total freedom of expression, the founding principles of Telegram were born.

Thanks to the notoriety gained from VK, Telegram quickly succeeded both in Russia and internationally, becoming a point of reference especially in countries where information is not free or manipulated by regimes. Telegram is used by those who need an independent channel, as well as by groups who do not want to be monitored. For these characteristics, the platform has been adopted by various groups seeking a high level of privacy in communications, leading to the absence of legal controls. It has thus become the quintessential “alternative” space, ideal for unmonitored communications. However, precisely for these peculiarities, it has also been adopted by hackers, criminals, terrorist groups, and drug traffickers.


Durov was arrested in Paris, where he landed with his private jet, aware of being wanted on charges of being “partly” responsible for crimes committed on Telegram, precisely for never having granted backdoors or access and control systems to the platform by police and governments. The charges brought by the French magistrates, which led to his 76-hour detention, concern the creation of a communication system devoid of content moderation and the lack of cooperation with law enforcement. Another critical point is the introduction of the virtual phone number, usable on Telegram by untraceable users. For French justice (and not only), Telegram and its creator are therefore complicit in the crimes committed through the platform.

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