A Napoli, le feste non sono mai state soltanto folklore. Sono state motore sociale, volano economico, occasione di creatività collettiva.
La Festa di Piedigrotta, nata come rito religioso in onore della Madonna di Piedigrotta, affonda le sue origini nel Medioevo. Secondo la tradizione, i pescatori e la gente del borgo di Mergellina invocavano la protezione della Vergine in una piccola chiesa costruita ai piedi della collina di Posillipo, proprio accanto alla celebre grotta romana che diede il nome al luogo, nell’area dove oggi sorge il Parco delle Tombe di Virgilio e Leopardi.
Dal Settecento il culto divenne uno degli appuntamenti più attesi del calendario cittadino, con solenni processioni che esprimevano la devozione popolare. Ma fu nell’Ottocento che Piedigrotta cambiò scala: dalle celebrazioni sacre nacque un grande evento urbano fatto di musica, canti e sfilate allegoriche. Le strade si animavano di carri addobbati, cori popolari e soprattutto di bambini vestiti con abiti di carta colorata, realizzati con fantasia dagli artigiani locali. Una festa che somigliava a un Carnevale partenopeo, ma che era soprattutto la Piedigrotta.
Ed è in questo contesto che esplose la canzone (napoletana) moderna. I concorsi musicali legati alla festa diedero vita a un genere capace di fare il giro del mondo. A sostenerlo fu un’editoria musicale innovativa, evoluta a partire dalle radici universitarie: la Federico II, una delle prime in Europa a consentire la stampa privata dei suoi testi. Da lì nacque un ecosistema che si trasformò presto in industria culturale.
Gli editori prosperavano grazie alle celebri “copielle”, pubblicazioni che univano spartiti, parole e illustrazioni. Prima dei dischi, erano queste stampe a viaggiare nel mondo, portando con sé musica e identità napoletana. Un’invenzione editoriale nata a Napoli e capace di aprire nuove strade non solo per l’Italia, ma per l’industria culturale globale.
I musicisti trovavano riconoscimento, i cantanti diventavano ambasciatori internazionali di una lingua e di uno stile. Dalla devozione religiosa nacque così un’industria culturale che trasformò e rafforzo Napoli in un brand ante litteram, con successi che ancora oggi fanno parte della memoria collettiva globale.
Come spesso accade a Napoli, città capace di inventare e rivoluzionare, quella festa si è persa e quella tradizione non è più conosciuta da tutti. Non esiste ancora un Museo della Nusica Napoletana, né una casa che raccolga le storie dei suoi poeti e artisti. Eppure, mentre Napoli riscopre oggi la sua vocazione turistica, resta aperta la domanda: nascerà mai un Museo della Canzone Napoletana?
Qualche anno fa, grazie alla passione e all’intuizione di Claudio Silvestri, provai insieme a lui e a un manipolo di creativi a dar vita all’Enciclopedia Multimediale della Canzone Napoletana. L’idea nacque all’interno del corso di Scienze Umane e Nuove Tecnologie, dove, come docente e direttore di progetto, ho sempre considerato la mia scuola universitaria un vero laboratorio di sperimentazione.
Ci riuscimmo solo in parte, ma fu un’esperienza straordinaria. Grazie all’incontro con Ferdinando Bideri e la Fondazione Bideri, pubblicammo il primo volume: una monografia dedicata agli autori di Torna a Surriento, in occasione del centenario dell’opera dei fratelli Ernesto e Giambattista De Curtis.
A quell’iniziativa si affiancarono una mostra, un CD “enhanced” per stereo, PC e Mac, una cartolina multimediale e un francobollo celebrativo. Da quel lavoro nacquero anche la Cena del Centenario e un evento Rai che vide protagonista Andrea Bocelli.
Eppure, il sogno di un’opera digitale completa – e di un museo che possa finalmente ospitarla – resta ancora da scrivere.
Oggi abbiamo l’Archivio Sonoro della Canzone Napoletana della Rai, nato da un’idea dell’amico ed ex direttore Francesco Pinto. Un patrimonio prezioso, ma ancora privo di una sede stabile e accessibile: prima custodito nella sede Rai, poi trasferito alla Casina Pompeiana della Villa Comunale di Napoli… e domani chissà. Un archivio consultabile per le registrazioni Rai, ma che non può essere ripubblicato, perché privo dei diritti editoriali.
Nel frattempo, sono nati più spazi dedicati a Enrico Caruso, ma ancora una volta si è persa l’occasione di fare rete. Da un lato la Casa Materna Museo Enrico Caruso, frutto del lavoro instancabile di Gaetano Bonelli; dall’altro un percorso museale a Palazzo Reale, che ripercorre la vita del più grande tenore di tutti i tempi. Ma, come spesso accade, nemo propheta in patria.
Con la Piedigrotta, Napoli aveva già dimostrato di saper fondere innovazione e tradizione. Quella festa fu un laboratorio in cui fede, musica ed economia si intrecciarono, creando un modello di sviluppo che proiettò la città oltre i suoi confini geografici e la consacrò capitale culturale internazionale.
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